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Il Test High Tempo

Le strategie di crescita generalmente coprono l’intera storia della crescita di una società; l’analisi temporale però può essere limitata ad un periodo di crescita o decrescita: analizziamo quello che può essere un periodo di stagnazione della crescita. Caso di studio è un account Twitter, che ha raggiunto circa 90.000 MAU (utenti mensili attivi) nel primo anno, e che poi non ha più avuto cambiamenti nel coinvolgimento di nuovi utenti, né di perdita di utenti: il tipico caso di stagnazione della crescita. Di solito il test rapido è il modo più efficace per prevedere la crescita di un business, ma la stagnazione può bloccarne la crescita; una soluzione può essere il test High Tempo.

Per l’esecuzione di questo test partiamo dal presupposto che bisogna lanciare in media tre nuovi esperimenti a settimana. Usiamo il termine esperimento per includere nuove iniziative, rilasci di funzionalità del prodotto, ed i test A/B tipici del campo SEO. Quando si agisce a ritmo elevato, si spinge su tutti i vettori di crescita in un modo misurabile e sistematico. Il grafico sottostante mostra cosa può succedere:

Quella che si vede è una crescita da 90.000 MAU a 152.000 MAU in circa undici settimane senza aumentare il budget di marketing online o le dimensioni del team di sviluppo. L’unica cosa che è cambiata è la velocità di sperimentazione. Sono questi i risultati ottenuti con l’utilizzo del framework High Tempo

Che cos’è il test High Tempo?

La maggior parte dei professionisti della crescita sanno che il Growth Hacking non consiste in una tecnica specifica, ma piuttosto si tratta di un processo di studio e scoperta di quelle tattiche che saranno efficaci per far crescere un business. Questo studio avviene attraverso il test dei potenziali motori di crescita, che vanno dai nuovi canali alle nuove caratteristiche di condivisione e ingaggio, nascoste nell’idea di prodotto; un SEO Specialist ed un Content Marketer possono redigere delle linee guida da cui partire. Quanti più test si eseguono, più si impara come cresce un business. Quindi è naturale voler eseguire quanti più test per periodo di tempo, soprattutto in ambito SEO. Questa è l’idea alla base del test High Tempo.

Requisiti per il test High Tempo

Ideazione sfrenata

Il test High Tempo inizia col comprendere quali esperimenti vale la pena fare. Che sia all’interno di un team dedicato al SEO o ai contenuti, o eseguito da una sola persona, lo studio e l’ideazione degli esperimenti può diventare un’attività ripetitiva, che elimina la possibilità di creare nuovi pattern. Può quindi rendersi necessario l’intervento di altre persone all’interno dei team di lavoro: gli utenti. Le idee che derivano dall’intervento degli utenti vanno da nuovi modi atti a migliorare l’impegno della comunità, ai miglioramenti dei prodotti, a comprendere ottiche di acquisizione per SEO ma ciò che stimola il coinvolgimento dell’utente è la possibilità di intervento nell’area di business; l’utente cioè comincia a capire di essere parte del business, non solo il fruitore del prodotto.

Ovviamente arriva il momento in cui questo processo ha esso stesso una stagnazione, perciò, per riprendere le possibilità di intervento da parte degli utenti, bisogna ripetere l’engagement dell’utente, operando tattiche di remarketing sulla community; una di queste tattiche può essere una classifica degli utenti più attivi, con le idee più votate o più popolari. La classifica fa ripartire il processo di ideazione, facendo entrare in competizione gli utenti.

Dare priorità alle idee

A questo punto bisogna affrontare la sfida di smistamento delle idee. Con centinaia di idee, è difficile sapere da dove cominciare. Bisogna valutare ogni nuova idea basandosi su un punteggio suddiviso tra impatto potenziale sulla crescita, fiducia nel successo, e semplicità di implementazione.I team per il SEO, SEM e Content Marketing possono lavorare in combinazione per stilare al meglio i punteggi della classifica. Una volta che le idee sono state classificate, è facile ordinarle e trovare le migliori nelle aree a cui diamo priorità (come l’attivazione).

Gestione del Tempo

Abbiamo compreso quanto sia importante effetturare almeno 3 test per settimana, e se questo obiettivo non viene conseguito, la crescita non avviene in modo costante. Una soluzione è per esempio una riunione settimanale sulla crescita. Questo incontro non è per l’ideazione, che viene fornita dalla community, ma riguarda l’elaborazione del backlog delle idee che già abbiamo, e soprattutto per assegnare la priorità e dividersi le idee per la settimana successiva. In questa riunione bisogna comprendere se si è stati in grado di implementare tutti i test in programma la settimana precedente e se per tutti i test conclusi vi sono stati dati rilevanti per l’apprendimento di tematiche rilevanti, come acquisizione tramite SEO, ROI su marketing, KPI o Remarketing, importanti per la crescita di business. Il backlog è già stato curato, le storie degli utenti sono già scritte, è il momento di costruire un’agenda per la crescita settimanale, dividendo i compiti secondo le competenze. Alcuni test possono essere implementati dal team di marketing, altri dal product manager e altri richiedono competenze tecniche approfondite, riguardanti gli sviluppatori o gli specialisti SEO. Dividere tra vari team il carico di lavoro degli esperimenti con priorità, rende molto più semplice raggiungere il nostro obiettivo. L’obiettivo è quello di lanciare almeno tre test a settimana, ma in genere bisogna provare a raggiungere i 5 test a settimana. In questo modo, se ci sono problemi nell’esecuzione di alcuni test, si è organizzata per tempo la gestione di altri. Alcune settimane si è inoltre in grado di eseguire tutti i cinque test.

Metodi di apprendimento e cattura

I test sono quindi indicizzati in un database di apprendimento sulla crescita. Ciò può essere utile quando si aggiungono nuovi membri del team, in modo da poter capire che cosa è stato testato, che cosa ha funzionato e cosa no.

I risultati del test High Tempo

Il test High Tempo non è di facile esecuzione, ma è estremamente efficace. Prevede un processo rigoroso, con problemi legati alla gestione dello stesso, per la divisione in piccoli slot di lavoro, che a loro volta devono raggiungere obiettivi che riguardano il traguardo settimanale complessivo. Una problematica è spesso dovuta alla creazione di colli di bottiglia: nell’acquisizione delle idee, nella gestione della classifica e nell’assegnazione ai vari componenti. Superato ciò è però evidente come questo test sia uno dei più aggressivi per poter produrre crescita in maniera esponenziale.

Condividere una sessione Bash
Quante volte ti è successo di dover condividere una sessione Bash per formazione o controllo d’errori? Spero non tante, ma spero anche che tu non abbia scelto la più facile via di accesso remoto come TeamViewer o prodotti simili, perché come avrai notato non è possibile lavorare contemporaneamente sulla stessa sessione Bash.

La soluzione migliore per condividere la sessione Bash con altri utenti è quella di usare il tool screen in modalità multiuser.

Avvia quindi sull’host il comando # screen -S nome_sessione , attiva il metakey di screen Ctrl-A ed aggiungi l’utente con :addacl utente2,utente3 ponendo particolare attenzione a non aggiungere spazi dopo le virgole.

Attiva la modalità multiuser con Ctrl-A :multiuser on ma tieni presente che nel caso in cui non sia attiva la modalità multiuser per le sessioni screen dovrai eseguire come root i seguenti comandi:

[root@host ~]# chmod u+s $(which screen)
[root@host ~]# chmod 755 /var/run/screen
[root@host ~]# rm -fr /var/run/screen/*

in modo da attivare il supporto multiuser; questa azione dovrai eseguirla solo la prima volta.

Una volta attivata la sessione in modalità multiuser l’altro utente potrà quindi accedere contemporaneamente alla sessione bash digitando # screen -x utente1/nome_sessione e vedrete contemporaneamente la sessione, ovviamente abbiate cura di gestire un ordine di intervento nella sessione.

ansomware, attacco informatico, sicurezza informatica, Atlanta, bitcoin
Attacco ransomware paralizza sistemi informatici della città di Atlanta
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Downtown Atlanta skyline at dusk

La città di Atlanta negli Stati Uniti ha subito un attacco ransomware che ha paralizzato i suoi sistemi informatici. L’attacco ha compromesso i dati personali di migliaia di cittadini, tra cui informazioni sensibili come le informazioni fiscali e di carte di credito. Gli hacker hanno richiesto un riscatto di 51.000 dollari in bitcoin per rilasciare i dati.

I responsabili dell’attacco hanno utilizzato un ransomware chiamato “SamSam”, che ha sfruttato una vulnerabilità nota in alcuni server web. In questo caso, gli hacker hanno preso di mira i server della città di Atlanta, che erano dotati di un sistema operativo obsoleto e quindi vulnerabile a questo tipo di attacco.

Il ransomware ha criptato i dati sui server della città, impedendo agli utenti di accedervi e causando un’interruzione dei servizi pubblici, come il pagamento delle multe e la gestione dei parcheggi. I responsabili dell’attacco hanno richiesto il pagamento di un riscatto in bitcoin per rilasciare i dati.

Ecco alcuni comandi in un terminale Linux che possono aiutare a proteggere i sistemi informatici da attacchi ransomware come questo:

  1. Verifica che il tuo sistema operativo sia aggiornato con gli ultimi aggiornamenti di sicurezza:

sudo apt update && sudo apt upgrade

  1. Scansiona il tuo sistema per eventuali vulnerabilità di sicurezza:

sudo clamscan -r /

  1. Esegui regolarmente il backup dei tuoi dati importanti per proteggerli da eventuali perdite causate da un attacco ransomware.

In conclusione, l’attacco ransomware alla città di Atlanta è un esempio di come la sicurezza informatica sia diventata una questione critica per le istituzioni pubbliche e private. La sicurezza dei dati personali dei cittadini è una priorità assoluta e richiede costante attenzione e aggiornamento delle misure di sicurezza.

Facebook, violazione dei dati, privacy online, sicurezza informatica
L’impatto della violazione dei dati di Facebook sulla privacy e sulla sicurezza

Facebook ha subito un’altra grave violazione dei dati che ha compromesso le informazioni personali di circa 50 milioni di utenti. Questo incidente si è verificato solo alcuni mesi dopo lo scandalo di Cambridge Analytica, in cui i dati personali di milioni di utenti di Facebook sono stati raccolti senza il loro consenso per scopi di profilazione politica. La violazione dei dati di Facebook ha suscitato ulteriori preoccupazioni sulla protezione della privacy online e sulla sicurezza dei dati personali degli utenti.

La violazione dei dati di Facebook è stata causata da una vulnerabilità nella funzione “Visualizza come” di Facebook, che consente agli utenti di vedere come appare il loro profilo per gli altri utenti. Un attacco informatico ha sfruttato questa vulnerabilità per rubare i token di accesso degli utenti, che consentono loro di rimanere connessi a Facebook senza dover effettuare il login ogni volta.

Questo attacco ha permesso agli hacker di accedere alle informazioni personali degli utenti, come nome, sesso, città di residenza, numero di telefono e indirizzo email. Inoltre, è stata compromessa anche la funzione “Visualizza come” stessa, che ha consentito agli hacker di accedere ai dati di altri utenti.

Facebook ha subito reagito alla violazione dei dati, revocando i token di accesso compromessi e notificando gli utenti interessati dell’incidente. Inoltre, l’azienda ha lavorato per risolvere la vulnerabilità e migliorare la sicurezza del proprio sistema.

Esistono alcuni comandi che possono aiutare a proteggere la sicurezza dei dati personali su Facebook, come ad esempio la disattivazione della funzione “Visualizza come” e la verifica delle impostazioni di privacy per limitare la visibilità delle informazioni personali. Tuttavia, è importante sottolineare che la protezione dei dati personali online è una responsabilità condivisa tra l’utente e l’azienda che gestisce la piattaforma.

Nel marzo del 2018, è stato scoperto uno dei più grandi scandali riguardanti la privacy online. L’azienda di consulenza politica Cambridge Analytica è stata coinvolta nella raccolta di dati personali di milioni di utenti di Facebook senza il loro consenso, utilizzati per scopi di profilazione politica. L’indagine è stata condotta dal New York Times e dal Guardian, che hanno rivelato come Cambridge Analytica abbia utilizzato questi dati per creare profili psicologici degli utenti, per poi indirizzarli con pubblicità mirate a favore di una determinata campagna politica.

L’uso non autorizzato dei dati di Facebook da parte di Cambridge Analytica ha scatenato un’indagine globale sulla protezione dei dati degli utenti. La società ha affermato di aver raccolto dati di oltre 87 milioni di utenti di Facebook senza il loro consenso, e ci sono dubbi sulla provenienza dei dati stessi. È stato rivelato che i dati sono stati raccolti tramite un’app di quiz psicologici chiamata “This is Your Digital Life”, creata dal ricercatore Aleksandr Kogan.

L’evento ha portato alla convocazione del CEO di Facebook, Mark Zuckerberg, davanti al Congresso degli Stati Uniti, dove ha riconosciuto la responsabilità della società nell’accaduto e ha promesso di fare di più per proteggere la privacy degli utenti.

Cambridge Analytica ha affermato di aver svolto un ruolo importante nelle elezioni presidenziali degli Stati Uniti del 2016, nonché nel referendum sulla Brexit nel Regno Unito.

Nel maggio del 2018, il Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR) dell’Unione europea è entrato in vigore, introducendo regole più rigorose sulla protezione dei dati personali degli utenti.

Per quanto riguarda la probabile origine dell’attacco, non c’è stata ancora una conferma ufficiale. Tuttavia, è stato riferito che Cambridge Analytica ha collaborato con la campagna presidenziale di Donald Trump negli Stati Uniti e con il Partito conservatore del Regno Unito durante il referendum sulla Brexit, sollevando sospetti sulla possibile connessione con la Russia.

Ecco un possibile comando per accedere alla lista di applicazioni autorizzate a utilizzare l’account Facebook di un utente:

curl -X GET “https://graph.facebook.com/{user-id}/permissions?access_token={access-token}”

Restituisce un output in formato JSON che elenca le applicazioni autorizzate dall’utente e i relativi permessi concessi:

{
“data”: [
{
“permission”: “email”,
“status”: “granted”
},
{
“permission”: “user_friends”,
“status”: “granted”
},
{
“permission”: “public_profile”,
“status”: “granted”
}
]
}

Questo output indica che l’utente ha concesso l’autorizzazione per l’accesso alle informazioni sull’email, gli amici e il profilo pubblico dell’utente all’applicazione in questione.

Meltdown e Spectre: le vulnerabilità che hanno messo in allarme gli esperti di sicurezza

Due vulnerabilità di sicurezza, chiamate Meltdown e Spectre, nei microprocessori Intel e ARM utilizzati da molti computer e dispositivi mobili. Queste falle di sicurezza hanno permesso ad hacker malintenzionati di accedere ai dati personali degli utenti, come password e informazioni bancarie.

Sono state rilasciate patch di sicurezza per mitigare le vulnerabilità. Ad esempio, per risolvere la vulnerabilità Meltdown, è stata rilasciata una patch del kernel Linux chiamata “KAISER”. Questa patch ha separato la memoria del kernel del sistema operativo dalla memoria degli utenti, impedendo agli hacker di accedere alla memoria del kernel.

Prima dell’introduzione della patch, un hacker poteva utilizzare la vulnerabilità Meltdown per accedere alla memoria del kernel del sistema operativo, come mostrato dal seguente comando eseguito su un terminale:

$ sudo cat /proc/kallsyms

Questo comando restituisce una lista di simboli del kernel, che un hacker poteva utilizzare per accedere ai dati personali degli utenti.

Per verificare se il sistema è protetto dalla vulnerabilità Meltdown grazie alla patch “KAISER”, eseguire il seguente comando su un terminale:

$ grep “page_table_isolation=on” /proc/cmdline

Se il sistema è protetto, il comando restituirà l’output seguente:

page_table_isolation=on

In questo modo, gli utenti possono verificare se il loro sistema è protetto e se hanno applicato la patch necessaria per mitigare la vulnerabilità Meltdown.

Snapchat Media Marketing
L’app Snapchat, lanciata a settembre 2011, è un servizio di condivisione di foto e video incentrato su una semplice premessa che è diversa dai suoi concorrenti: tutti i messaggi condivisi tra gli amici tramite Snapchat si autodistruggono, non si possono più vedere. Nella maggior parte dei casi, i messaggi di foto e video – Snap – scompariranno in un tempo stabilito tra uno e dieci secondi dopo essere stati aperti da un destinatario (il limite di tempo è specificato dal mittente) e se Snap non viene aperto, si cancellerà automaticamente dopo 30 giorni. Le uniche eccezioni a questa regola sono l’opzione “ripetizione una tantum al giorno” per ogni singolo snap e per le Snapchat Stories. Prima di condividere contenuti con altri contatti, gli utenti di Snapchat hanno la possibilità di aggiungere filtri e annotare foto e video con testo e indicatori colorati.

Quindi i media condivisi tramite Snapchat esistono solo per pochi secondi, ma se si passa a considerare il limite di tempo come un’opportunità anziché una limitazione, ci sono molti modi in cui tale limite possa essere usato per un marketing efficace. Ad esempio, quando un cliente riceve una notifica di un messaggio Snapchat da te sa che non appena lo aprirà, dovrà prestare molta attenzione perché presto scomparirà per sempre. E se non continua a controllare l’app quotidianamente, perderà messaggi, creando un senso di urgenza per tenere il passo con informazioni fugaci. Secondo gli standard odierni, 10 secondi di attenzione sono polvere d’oro. Come tutti i social media, i migliori contenuti di Snapchat sono incorniciati in modo tale da rispecchiare lo stile che la maggior parte dei suoi utenti utilizza nella piattaforma. Per quanto riguarda Snapchat, questo vuol dire umorismo, condivisione di segreti, divertimento, chiacchierate brevi e screenshot di momenti “condivisibili”: la promessa di contenuti unici e in tempo reale è l’incentivo del cliente a seguirti, anche se lo fa già su altri canali.

Snapchat è indicato per le aziende il cui pubblico è giovane: gli adolescenti e i ventenni dominano la piattaforma. A maggio 2014, aveva oltre 70 milioni di utenti mensili attivi che inviavano oltre 400 milioni di scatti al giorno. Diamo un’occhiata ad alcuni modi in cui puoi sfruttare al meglio Snapchat per la tua azienda.

Fai domande semplici
Poiché la possibilità di digitare risposte di testo lungo è limitata dal tempo e dallo spazio, il miglior tipo di domande da porre sono quelle che sono facili da assimilare e richiedono una risposta visiva, sia per foto che per video. Ad esempio, un marchio di scarpe potrebbe chiedere ai propri fan qualcosa di semplice come “Mostraci le tue scarpe!” oppure “Scatta una foto quando sei in negozio!” Più velocemente e più facilmente riesci a far rispondere i fan, meglio è.

Divertiti, sii divertente
Il pubblico di Snapchat è costituito per la maggior parte da adolescenti e giovani adulti e l’app è dominata da contenuti divertenti. Se il tuo brand lo consente, non aver paura di divertirti un po’: usa faccine, scarabocchia sopra i tuoi scatti, usa Emoji per raccontare una storia o sorprendi il tuo pubblico. Se riesci a catturare l’immaginazione dei fan in questo modo, tanto più è probabile che continuino ad aprire gli snap che invii.

Mostra anteprime
Se necessario, estrai il contenuto nel corso di diversi scatti per mantenerlo fruibile e per incoraggiare le persone a cercare altro. MTV UK ha usato questo metodo di marketing più volte per visualizzare in anteprima foto e videoclip della nuova stagione del un reality show televisivo. Il contenuto è stato memorabile e di grande impatto, ricordando alle persone di guardare il programma e visitare il suo sito web.